Sono atterrata a Skavsta, l'aeroporto in assoluto più scomodo per raggiungere Uppsala. E' l'aeroporto Ryanair, voli low cost ma atterri in posti mai sentiti nominare, tendenzialmente in mezzo al nulla e a distanze intergalattiche dal posto in cui sei diretto.
Skavsta in particolare è a sud di Stoccolma e a più di 200 km da casa mia.
L'autobus della Flygbussarna, col suo logo arcobaleno, attraversa la foresta.
Tra la cittadina di Skavsta, piccola e assolutamente priva di interesse (fatto salvo per l'aeroporto), e la capitale c'è solo foresta. Qualche casetta rossa coi profili bianchi qua e là.
E' una foresta un po' addomesticata, ma non è niente male; e, anche se coperta di bianco da' tutta un'altra suggestione, l'autunno le sta bene. Spuntano faggi gialli e rossi in mezzo alle conifere verde scuro e il vento freddo del nord fa volare le foglie nelle radure, le accumula e poi le disperde.
Con il cielo di oggi, nuvoloso e bassissimo sopra la testa, viene voglia di arrivare a casa presto e infilarsi dritti sotto le coperte, leggere un libro di avventure in posti tropicali e bere il lungo caffè di sempre.
Invece ci vogliono quasi quattro di ore dalla pensilina del Flygbussarna "to Stockholm city" alla porta del mio palazzo.
Faccio quello che ho imparato, o meglio, che la Svezia mi ha insegnato: aspetto serenamente. Scivolo sull'autostrada tra gli alberi e elimino la pulsione di schiacciare un immaginario acceleratore del tempo per cancellare quelle ore inutili.
Forse non sono così inutili.
Si possono fare mille cose mentre aspetti. Se hai la fortuna di aspettare in movimento, troverai sempre un finestrino, un oblò o un tettuccio apribile da cui guardare le cose scorrere. Sentirti un fiume.
E se proprio la foresta Skavsta-Stoccolma dopo qualche chilometro annoia, si apre la borsa e si cerca con la mano il compagno fondamentale di ogni spostamento aereo. Per qualcuno sarà la settimana enigmistica, il classico romanzo non troppo impegnativo (basta che non sia Fabio Volo!), un fumetto giapponese.
Per me è L'Internazionale. Lo compro solo in aeroporto, e solitamente lo divoro nel tempo del viaggio.
Nella quotidianità della mia settimana non c'è spazio temporale sufficiente per inserire un L'Internazionale intero (ma forse la Svezia mi insegnerà a trovare anche quello). Quindi, siccome lo adoro, mi accontento di leggere le notizie brevi on line e di acchiapparlo appena passo da un aeroporto italiano qualunque.
Ognuno ha i suoi rituali!
Apro alla pagina 74 e leggo un articolo sulla memoria. Anzi, sull'amnesia infantile, ovvero il fatto che gli adulti non ricordano un accidenti o quasi dei loro primi tre anni di vita.
Da Freud in poi si sono sprecate le teorie sul perché questo succeda, ma nessuno è arrivato da nessuna parte (e parlando da persona "del settore", fa tirare un sospiro di sollievo che il cervello dia ancora del filo da torcere agli scienziati!).
Leggo: "[...] Quando il bambino cresce, i ricordi corrono meno il rischio di essere distorti o di andare distrutti. La maggior parte di quelli che ci portiamo dietro per tutta la vita si è formata tra i 15 e i 30, durante il cosiddetto "picco di reminiscenza", quando investiamo molte energie nell'analizzare il nostro passato per cercare di capire chi siamo. Gli eventi, le persone e la cultura di quel periodo rimangono in noi e possono offuscare il presente. Pensiamo che i film, la musica, la moda le amicizie e le storie d'amore di quel periodo fossero migliori di quelle di oggi."
Sono alla fine del picco di reminiscenza. Questo è stato il mio primo pensiero.
Il secondo pensiero è stato che gli scienziati ne sanno una più del diavolo.
Quello che mi è sembrato affascinante è la nuova luce che questa apparentemente innocua frase sulla memoria getta sulle nostre vite quotidiane.
Avete presente quando vostra madre vi dice che ai suoi tempi le amicizie erano più vere, più profonde e le persone più sincere? Adesso potrete dirle che è solo un'illusione dovuta al picco di reminiscenza.
E con quante cose farete pace finalmente! Con i film di oggi che fanno schifo, con gli adolescenti che sono dei cafoni, con la vostra città che una volta era vivibile e invece ora, con il vostro compagno che non sarà mai come il vostro primo vero amore.
Magari era proprio questa l'informazione che ci mancava per zittire una buona volta tutti i noi stessi giovani e scapestrati che ad ogni passo della strada ci sussurrano all'orecchio: "era meglio prima!"
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