In questi giorni ho nostalgia di Montalbano.
Leggo due o tre libri di Camilleri ogni anno. Ma non mi va di leggerlo qui. Fuori ci sono venti centimetri di neve e nemmeno il sole che in questi giorni splende, riesce a rendere anche lontanamente siciliana questa terra. Leggere Montalbano mangiando salmone...e come si fa?
Nell'attesa di trovarmi in un luogo più consono alle avventure del mio commissario preferito, ho cercato qualcosa di svedese. Qualcosa che somigliasse a Montalbano. Che impresa!
Si sa che, da queste parti, di polizieschi se ne intendono. Pare non sappiano scrivere altro.
Ma le storie che raccontano sono finte. Per carità, anche Montalbano lo è, ma ha una sua parte di verità. La Sicilia raccontata da un siciliano, le storie di mafia sullo sfondo, la lenta burocrazia italiana, la politica, in ogni luogo.
I gialli nordici sono asettici, spesso violenti, ma mai contestualizzati. Potrebbero essere ambientati ovunque. Avevo bisogno di qualcosa di più realistico. E cosa c'è di più realistico di qualcosa che è successo per davvero?
L'idea per una ricerchina sul web me l'ha data un paziente. Il paziente (so che non si potrebbe dire, ma è fondamentale per capire la storia) si chiama Christer Pettersson.
Immagino non dica niente nemmeno a voi. Ma ad ogni svedese vivente dice molto.
Christer Pettersson è, forse, il nome più invocato della storia della Svezia moderna.
Vi racconto la storia.
C'era una volta un Presidente. Si chiamava Olof Palme. Era il capo del partito Social Democratico Svedese, lo fu per quasi 20 anni (Attenzione: il partito di cui faceva parte si chiama Social Demokratiska ed è un partito di sinistra, femminista e interessato all politiche sull'immigrazione. NON è il partito Social Demokraterna, di estrema destra, populista e xenofobo! Credo che per il bene di tutti uno dei due dovrebbe cambiare nome!).
Olof insomma era un buono. Attivamente schierato contro la guerra in Vietnam negli anni 70, contro l'apartheid, contro il nucleare...uno che non si può non amare, almeno un pochino.
E quando i buoni muoiono tutti vogliono sapere chi è stato.
Una sera, tornando dal cinema con la moglie, Olof Palme rimase ucciso da un colpo di pistola. Così.
Avere la scorta non era la norma nella pacifica e super-sicura Svezia degli anni '80. Gli anni di piombo, gli svedesi, non hanno idea di cosa siano. Questo episodio rimarrà negli annali come l'unico del genere e acquisirà un'importanza sempre maggiore nella storia criminale svedese (che dev'essere una noia atroce).
Dopo ricerche estenuanti venne fuori il nome di un piccolo criminale di Stoccolma. Christer Pettersson (il mio paziente è uno sfortunato omonimo nato prima di tutta la losca vicenda).
Christer Pettersson, che si trovava a passare da quelle parti, fu processato e condannato all'ergastolo per l'omicidio del Presidente, fino a quando una sentenza in appello lo liberò per mancanza di prove.
La pistola che aveva ucciso il Presidente non fu mai ritrovata.
Negli anni successivi, nessun altro possibile assassino venne identificato e la Svezia vive tutt'oggi shoccata dalla sua stessa incapacità di risolvere l'unico vero crimine della sua storia.
Quello che è certo, è che Olof era un simbolo, un'icona di una politica decisa e orientata al bene comune. Una politica che è morta con lui.
Anche Christer è un simbolo. La sua faccia divenne per un periodo la protagonista della street art di Stoccolma. Il capro espiatorio della polizia, il povero, il tossicodipendente che venne utilizzato dal governo e dai media per l'operazione Ponzio Pilato.
Christer era davvero un assassino. Aveva ucciso un uomo per soldi, in un vicolo di Stoccolma. E aveva pagato il suo debito con la giustizia (come si dice).
Ma perché uccidere il Presiente?
Il movente non esisteva.
Uscito di galera Christer fece il possibile per garantirsi da vivere come poteva: denunciò la polizia svedese per diffamazione (cosa che gli fruttò 500.000 corone svedesi) e iniziò a vendere interviste nelle quali diceva tutto e il suo contrario. Confessò di aver ucciso Olof in tv, poi ritrattò sui giornali dicendo che il Presidente gli stava simpatico e che anche lui credeva nell'ideale socialista.
Insomma, approfittò appieno della visibilità che quel pasticcio gli aveva procurato.
Qualche anno dopo morì all'ospedale Karolinska di Stoccolma per un'emorragia cerebrale, pochi giorni dopo aver telefonato al figlio di Palme per chiedere di incontrarlo. Aveva informazioni importanti da riferire.
Così il capro espiatorio Christer muore proprio prima di rivelare qualcosa che si era tenuto per se per anni, o forse cercava un modo facile per farsi pubblicità e guadagnare altri soldi.
Intanto, con Christer fuori dai giochi, la ricerca dell'assassino si fece disperata e non mancarono le teorie del complotto. La cosa più facile fu cercare di accusare i neo-nazisti. Ma non ci fu modo di incriminare nessun oppositore politico. Si azzardarono ipotesi ardite. Tra le migliori, il possibile ruolo della P2 italiana (e te pareva!) nell'omicidio e il coinvolgimento del regista Ingman Bergman, il quale a causa della politica molto dura di Olof Palme in materia fiscale, fu accusato di frode a metà degli anni 70.
Il caso, dopo 25 anni di indagini, è stato archiviato nel 2011 senza un colpevole e senza nemmeno un arma del delitto.
Il nome di Olof Palme e quello di Christer Pettersson, indissolubilmente legati, probabilmente solo dalla sfortuna, sono diventati dei piccoli tabù. Cose di cui, in Svezia, è meglio non parlare troppo.
Posso dire di aver soddisfatto pienamente la mia voglia di storie dallo fondo nero.
Montalbano può aspettare a casa ancora per un po'.
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